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L'Operetta

L’Operetta

a cura di Giovanna Ferro

Questa forma musicale, nata a Parigi e a Vienna, deriva dall’ Opera buffa italiana, dall’ Opéra-comique francese e dal Singspiel tedesco.

L’ Operetta si differenzia dall’ Opera comune essenzialmente per la presenza di scene recitate in cui la musica è assente, per la leggerezza e per il carattere umoristico e sentimentale del soggetto; la vicenda a cui si ispira la trama è quasi sempre fantasiosa e inverosimile. E’ sorretta da una cornice scenografica allegra e frivola, capace di divertire e coinvolgere il pubblico.

Il pioniere dell’Operetta francese fu Jacques Offenbach che, verso la metà dell’ Ottocento, intuì l’importanza di creare spettacoli musicali destinati a divertire il pubblico,particolarmente sensibile a cogliere le preferenze dei suoi contemporanei, divenendo sì l’espressione del gusto secondo Impero ma essenzialmente un geniale musicista senza rivali nel genere leggero.

I suoni e i ritmi vivaci, *can can e *galop, rendevano le rappresentazioni scintillanti e piene di fascino; l’insieme orchestrale sottolineava con discrezione i dialoghi recitati e il tutto risultava permeato da spirito ironico e parodistico.

AscoltoCan can di J. Offenbach

Curiosità

*Can can: le origini del can can , il cui nome deriva forse dalla storpiatura della parola francese “scandal”, sono piuttosto incerte. Molto probabilmente il più famoso ballo deriva dal Galop della quadriglia, inventato nel 1850, nome derivante per assonanza dal francese galoper, in italiano galoppare, per via del passo di danza movimentato.
Al nome Parigi viene associato il celebre french can can, spettacolo di ballo tipico della tradizione parigina, che viene tutt’oggi rappresentato al celebre cabaret Moulin Rouge, a Pigalle. Si sostiene che il can can, in gran parte di origine popolare, derivi dall’usanza delle lavandaie di Montmartre di mostrare, ogni domenica, le gonne per le strade del quartiere.

Inizialmente “Moulin de La Galette“, la sala da ballo del Moulin Rouge viene ricavata da un vecchio mulino, e diventa ben presto un locale di successo, anche per il suo repertorio di danze e spettacoli allora ritenuti licenziosi, fra cui il can can. Il ballo era caratterizzato dall’esibizione delle ballerine che, schierate in fila l’una a fianco dell’altra, al tempo di una musica molto veloce e ritmata alzavano ritmicamente le gambe: durante questo movimento esse si scoprivano parzialmente, emergendo dalle lunghe e ampie gonne e sottogonne in uso all’epoca, suscitando l’entusiasmo degli spettatori, che spesso accompagnavano il ritmo battendo le mani. Il pittore Toulouse-Lautrec, ritrasse sempre nelle sue opere pittoriche la vita del can can essendo lui stesso un assiduo frequentatore del Moulin Rouge.

Altri insigni compositori francesi di operette furono Charles Lecocq, Florimond Ronger “Hervè”, e Andrè Messager, allievo di Saint Saens.

Le Operette francesi conquistarono rapidamente Vienna e di conseguenza anche qui, pochi anni dopo, iniziò una vasta produzione operettistica grazie soprattutto ai compositori Johann Strauss jr., “il re del valzer”, Franz von Suppè e Franz Lehar.

  La musica di Strauss, e degli altri autori viennesi, è si ritmata dal valzer, ma con un tocco squisitamente viennese e un sentimentalismo elegante dal sapore leggero ed inesauribile. La conferma nel brano An der schönen, blauen Donau, simbolo della città e inno ufficioso della nazione.

Con Lear si crea un’atmosfera diversa rispetto a Strauss, il valzer diventa più lento, più languido e i colori orchestrali meno scintillanti, ma con una melodia personale intrisa di nostalgico sentimentalismo.

Una spensierata gioia di vivere, la presenza costante di allegri ed eleganti valzer, appassionate e avvincenti melodie unite ad intrecci molto sentimentali e privi di risvolti satirici, erano le caratteristiche che differenziavano nettamente le Operette viennesi da quelle francesi.

Ascolto – da La vedova allegra di F. Lear

In Inghilterra l’Operetta è caratterizzata dal *burlesque un genere di spettacolo leggero basata su soggetti fantastici o parodistici, con una spiccata predilezione per situazioni comiche bizzarre e inverosimili “il non-sense, tanto caro oltre Manica!”, unito ad uno stile musicale di brillante imitazione che spaziava dallo stile italiano all’oratorio handeliano. Determinante fu la rappresentazione di Trial by Jury di Gilbert & Sillivan: composizione caratterizzata dall’influsso di Offenbach ma contrassegnata, come tutti i lavori successivi, da un tono satirico a sfondo sociale. 

Curiosità

*Burlesque: è una parola francese molto simile al termine italiano burlesco,e quindi alla parola burla, uno scherzo irriverente ma giocoso e simpatico. E’ un genere di spettacolo satirico che nacque in Inghilterra nel XVIII secolo e acquisì durante l’Ottocento caratteristiche più comiche e parodistiche. Nell’ 800 il burlesque smise la sua funzione di critica letteraria burlesca, parodistica e satirica, per divenire una forma di passatempo leggero, simile alla extravaganza e alla burletta, per lo più comico e cantato. Questa evoluzione inglese produsse le opere leggere di Gilbert & Sullivan e perdurò nei siparietti delle riviste.

Di tutt’altra estrazione l’Operetta berlinese fondata sullo stile della canzone di cabaret e sui ritmi di marcia derivante dal target del cabaret intellettuale a sfondo satirico peculiarità della cultura berlinese. L’emblema di tale genere è Dreigroschenoper di Kurt Weill, su testo di Bertold Brecht, lavoro che fu esportato in tutto il mondo assumendo spesso anche un valore sociale e politico.

Alla fine dell’Ottocento anche il pubblico italiano cominciò ad interessarsi all’Operetta.

All’inizio, l’interesse rimase circoscritto alla rappresentazione delle Operette francesi e viennesi, finchè nei primi decenni del Novecento anche alcuni compositori italiani cominciarono a cimentarsi nel nuovo genere: ben presto a Milano e a Torino si misero in scena operette di Giuseppe Pietri, Virgilio Ranzato, Carlo Lombardo e Mario Costa.

Tra le Operette ricordo: Acqua cheta di Giuseppe Pietri, Il paese dei campanelli di Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo, Al Cavallino Bianco di Ralph Benatzky.

Ascolto – da Acqua cheta di G. Pietri

Ascolto – da Il paese dei campanelli di Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo

Pur senza la ricchezza inventiva e la sfarzosità scenografica delle precedenti, le Operette italiane, oltre ad essere supportate da una misura artisticamente valida, sono spesso capolavori di buon umore e di amabilità e vengono ancora oggi riproposte con un certo successo.

L’Operetta, nata in coincidenza dell’affermarsi della borghesia, è stata per lungo tempo considerata uno spettacolo di prosa minore nobilitata dall’apporto musicale, sotto l’influsso del teatro maggiore, ma sempre relegata ad un pubblico provinciale e in teatri di periferia. Infatti, motivi per i quali in Italia l’Operetta non ebbe un significativo rilievo sono molteplici: la mancanza di un teatro di prosa leggero, dal quale attingere trame ed interpreti; la mancanza di un tessuto sociale, politico unitario e moderno come punto di riferimento dello spettacolo, che restava circoscritto ad aree dialettali di difficile esportazione; infine la preponderante tradizione lirica che influì negativamente sullo sviluppo dell’operetta, non dimenticando che in Italia il periodo verista e della scapigliatura musicale non ha paragoni con altri paesi per importanza e consistenza.

A partire dagli anni Trenta l’Operetta perde importanza a causa soprattutto dell’avvento del cinema sonoro negli Stati Uniti, 1928, e dai musical cinematografici.

Oggi l’Operetta è ancora considerata un simbolo musicale-culturale solo nei paesi di area tedesca, che ne hanno sempre mantenuto tradizioni ed esecuzioni di alto livello. In Italia, errando, si considera di seconda scelta rispetto al melodramma, con produzioni ripetitive e magari tradotte in lingua locale.

Giovanna Ferro