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LA SCRITTURA MUSICALE

a cura di GIOVANNA FERRO

La scrittura musicale o notazione nasce dall’esigenza di tramandare le melodie dei canti cristiani.

Fino circa al IX secolo i canti venivano tramandati mnemonicamente, senza l’aiuto di alcuna scrittura. Solo se si conosceva la melodia si poteva cantarla, altrimenti non vi erano supporti.

Il primo sistema di scrittura musicale documentato e interpretato è stato quello greco, che ha visto due fasi distinguibili: una notazione greca strumentale che si serviva di segni, lettere di un alfabeto arcaico che potevano assumere tre posizioni (dritta, rovesciata e orizzontale) per indicare le note ; altro era un sistema vocale , che utilizzava una lettera dell’alfabeto ionico per ogni suono, senza distinzioni di posizione.

L’alfabeto ionico fu introdotto ad Atene da Archino nel 403/402 a.C., sotto l’arcontato di Euclide, e di lì si diffuse nel resto della Grecia, soprattutto in età ellenistica. 

I romani lo adottarono questo sistema, ma sostituirono le lettere greche con le prime quindici dell’alfabeto latino.

Verso il X secolo Oddone di Cluny venerato come santo dalla Chiesa cattolica, fu il secondo abate dell’abbazia di Cluny e fu tra gli artefici della riforma cluniacense, applicò la notazione alfabetica al sistema dei greci.

La prima scrittura medioevale detta chironomica, poteva essere utilizzata solo da chi conosceva già i brani musicali, in quando chi dirigeva col solo gesto della mano, oltre a dare indicazione del tempo, mostra l’andamento ascendente o discendente della musica.

Parallelamente a queste notazioni alfabetiche, nel medioevo, nacque e si sviluppò la notazione neumatica, che si basava sui simboli grafici degli accenti acuto e grave del linguaggio parlato: questi segni vennero chiamati neumi. I primi segni furono molto semplici e generici: un accento acuto ( / ) dava l’idea di una melodia ascendente, un accento grave ( \ ) dava l’idea di una melodia discendente. I neumi in un primo tempo erano collocati direttamente sopra le sillabe del testo da cantare.

La notazione neumatica ebbe uno sviluppo estremamente differenziato nei vari paesi europei e l’unificazione delle diverse scritture neumatiche avvenne con la notazione quadrata, invece quella diastematica introdusse il concetto di altezza con due linee, una per il Fa e una per il Do.

Il monaco benedettino Guido D’Arezzo (995-1050) può essere definito il fondatore della moderna notazione musicale. A lui spetta il merito di aver definito un insieme di quattro linee, chiamato tetragramma, dal greco tetra/quattro e gramma/linea, che potevano essere attraversato verticalmente da stanghette per dividere tra loro le frasi musicali.

Inoltre fissò i nomi di sei suoni con le sillabe Ut RE MI FA SOL LA , tratte dalle sillabe iniziali dei versi di un Inno composto nell’VIII secolo da Paolo Diacono: l’ Inno a San Giovanni.

UTqueant laxis REsonare fibris MIra gestorum FAmuli tuorum SOLvi polluti LAbii reatum

Sancte Joannes

Affinchè i tuoi servi, a gola spiegata, possano esaltare le tue gesta meravigliose, togli, o San Giovanni, ogni impurità dalle loro labbra”

La nascita del vero e proprio rigo musicale risale al sec. XI, quando Guido d’Arezzo propose l’adozione del tetragramma (rigo di quattro linee), che poteva essere attraversato verticalmente da stanghette per dividere tra loro le frasi musicali. Con questo tipo di notazione si poteva indicare con precisione lo svolgimento della melodia dal punto di vista dell’altezza. Rimaneva da definire la durata. Nel gregoriano il ritmo era sostanzialmente affidato all’orecchio, che, con una certa libertà, seguiva gli accenti delle parole. Con la nascita della polifonia questa libertà non poteva più esserci.

I segni scritti offrono di conservare la musica nel tempo, e di trasmetterla a distanza nello spazio. Noi non potremmo oggi ascoltare composizioni del Medioevo o del Rinascimento o dell’Ottocento se non ci fossero rimaste le partiture che ci permettono di leggerle e riprodurle. La scrittura serve dunque ad assicurare la durata di un prodotto della espressività umana che diversamente, affidato ai soli mezzi della memoria, tenderebbe ben presto ad alterarsi e a svanire. Contemporaneamente, la scrittura permette a chiunque, anche se non ha sentito l’esecuzione originale, di conoscere la composizione e di suonarla o cantarla.