Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto di Chris Yan
intervista di Giovanna Ferro
Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto, il nuovo sound contest di Chris Yan.
Chris Yan, ovvero Christian Mastronardi, sound artist, compositore e field recordist romagnolo, ci ha abituato a guardare oltre la musica e ad ascoltare le immagini.
Già con “I paesaggi di Böcklin“, titolo ispirato a “Saggi sul paesaggio” del filosofo Georg Simmel e ai quadri di Arnold Böcklin, il video in time-lapse, girato alla celebre Torre di Castelnuovo, nell’Appennino Romagnolo e presunto luogo degli amanti Paolo e Francesca, smuove con i suoni un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato e in cui nulla accade.
Con “Eppure, ricordo anche dei fiori del tuo volto”, terzo singolo che anticipa l’uscita dell’album “Blasè”, Chris Yan ha voluto regalarci un brano che è un balsamo per l’anima e un piacere per gli occhi. Tra il suono e le immagini, che sono un’esplosione di colori e di effetti, che richiamano i mood dei suoi brani precedenti, si crea la giusta alchimia.
Questa volta i suoni ambientali, del singolo precedente, lasciano, decisamente, il posto ad una sonorità più classica, più romantica, più poetica.
Il tappeto sonoro, affidato al pianoforte, crea un’atmosfera eterea e soffusa.
Una musicalità che cresce un po’ alla volta, fino ad esplodere, come avviene per le immagini, accompagnata da effetti sonori, che rimandano ad un’orchestra d’archi, per poi diminuire fino a dissolversi.
Eppure, ricordo anche dei fiori del tuo volto
“[…]Cercare la gioia nei luoghi più tristi, inseguire la bellezza là dove si nasconde.[…] Sopratutto osservare. Sforzarsi di capire.
Non distogliere mai lo sguardo.
E mai, mai dimenticare.” John Berger
Cultura al Femminile ha incontrato Chris Yan:
CaL: Prima di parlare del tuo ultimo lavoro, avrei piacere a conoscerti meglio. Ci parli di te e di come nasci musicalmente?
CY: Musicalmente nasco come bassista. Ho iniziato quasi per gioco a 11 anni, poi sul serio da 14. Negli anni ho iniziato ad approcciarmi anche al contrabbasso, ai sintetizzatori, chitarre, sitar e a ogni strumento che mi capitasse tra le mani.
Questo – e la mia benedetta curiosità – hanno fatto in modo che mi approcciassi ad apparecchiature elettroniche che mi permettessero di poter suonare e registrare insieme tutti questi strumenti.
Fino al 2009, anno in cui pubblico il mio primo disco e nasce il progetto “Chris Yan”, in cui decisi di dare un taglio quasi netto a quel che ero stato ( e che avevo fatto ) fino a quel momento. Da lì mi sono concentrato solo ad un approccio più “elettronico” – nel senso ampio del termine musicale – e che da allora è fortunatamente in continua crescita ed evoluzione. Con questo approccio sento di poter esprimere al meglio me stesso e le mie idee.
CaL: Perchè l’esigenza o il piacere di autodedicarti un brano?
CY: Non credo sia stata un’esigenza, perché questo brano non è stato per niente calcolato o pensato. Di fatti è nato un paio di giorni prima che io entrassi in studio per il mix e mastering finale, quindi quando avevo già bel che pronte le otto tracce che avrebbero composto disco.
Questo brano è entrato di prepotenza dopo un sogno davvero molto commovente e delicato, facendomi girare mentalmente quelle note di piano sul quale poi si basa tutta la composizione. Avevo finalmente fatto pace con me stesso e con quella sensazione ‘blasé’ che tratto nel resto dell’album.
Si può di fatti notare che, seppur non ne manchino i richiami, è molto differente e se vogliamo molto più “popolare” ed “ascoltabile” in confronto ai brani usciti fino ad ora e a quello che troverete nel disco.
In questo brano ho ceduto totalmente il passo al sentimentalismo musicale, contrariamente a ciò che prediligo fare nei miei ultimi processi creativi, ovvero un distaccamento dall’emotività, perché ho desiderato trattare il suono semplicemente per quello che è.
In questo brano, una poesia sonora a me stesso, mi concedo un premio. Per chi, con lo sguardo di oggi, si compiace del fatto di aver finalmente superato un periodo poco piacevole e riconosce-vede in sé la propria magnificenza.
CaL: Il supporto visivo, indubbiamente, aiuta molto. Dopo Sehnsucht, I paesaggi di Böcklin ora Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto: tematiche affascinanti, ma diverse, come pure le tecniche usate per i video. Ce ne parli?
CY: Sì. Come dici giustamente tu, il supporto visivo aiuta davvero molto. Sopratutto per brani di natura sperimentale e strumentale come questi ed è aderente all’epoca dell’immagine in cui viviamo. In questa epoca, purtroppo, senza un aiuto visivo sono in pochi a soffermarsi sul suono a meno che non sia qualcosa da canticchiare o dar far diventare virale con stupidi balletti.
Allo stesso tempo, posso dirti, che tutto il disco è stato editato e processato pensando alle tracce più come a “paesaggi cinematografici” e trovo che si sposino perfettamente e in maniera naturale ad un accompagnamento visivo.
Per quanto riguarda le tecniche usate nei video usciti fino ad ora, sono tutte legate al tempo e al suo scorrere (timelapse – motionlapse – slowmotion – carrellate di fuoco e fuori fuoco, etc… ).
L’inafferabilità e l’impossibilità di gestire il proprio tempo e il suo scorrere sono anche il tema e sottotema di tutto il disco.
Come già detto, a parte ‘Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto’, gli altri due singoli e l’album fanno riferimento ai saggi di Georg Simmel.
In particolare modo all’atteggiamento ‘blasé’ dell’individuo moderno trattato da Simmel in ‘Le metropoli e la vita dello spirito’.
Ma anche come nel caso di “I paesaggi di Böcklin” a ‘Saggi sul paesaggio’ sempre dello stesso autore.
Nell’ultimo singolo, cedendo al sentimentalismo, esula completamente dal pensiero Simmeliano e ad uno stile metodico/di studio di quel che rappresenta un saggio e abbraccia volentieri una visione più poetica. Che ammicca con poche pretese allo stile e alla dialettica delle poesie di John Berger.
CaL: Il tuo mondo spazia tra parole, pittura e una continua ricerca sonora. Cosa nasce prima?
CY: Sicuramente nasce prima la musica e la grande passione che da sempre mi lega ad essa. Ma da molto giovane, grazie alla curiosità, ho sempre trovato e maturato forti stimoli dalla poesia, letteratura, pittura, cinema, fotografia e ogni forma d’arte.
Ed è sempre grazie a questo mio unico e grande pregio dell’essere curioso ( che alle volte si trasforma anche in maledizione) che ho fatto sì che tutti questi stimoli si amalgamassero e concatenassero fra di loro senza alcun limite. Trasformando così le letture di poesie in timidi tentativi di scrittura e poi in sonorizzazione di reading e radiodrammi; l’interesse all’arte visiva in musiche per immagini e proiezioni, estemporanee e performance dal vivo con artisti; e la musica in continua ricerca sul suono in ogni sua forma e sostanza.
CaL: Di che genere definiresti la tua musica?
CY: Un pò perché non mi è mai piaciuto delimitare la mia musica e il mio lavoro in una categoria ben precisa, un pò perché appunto mi occupo di diversi aspetti che includono il suono come mezzo, non sono mai stato capace di darne una definizione chiara e netta.
Fa certamente parte della moltitudine che include in sé la definizione “musica elettronica”, seppur suoni sempre più vasto e poco chiaro.
Senz’altro con un occhio di riguardo alla musica sperimentale e strumentale: come ad esempio alla “Musique Concrète” del primo dopoguerra, fino all’Ambient Music di tempi più recenti.
Questo ultimo disco racchiude tutto il percorso e gli “stili” che ho affrontato nel mio ultimo percorso artistico e produttivo: riprendendo l’ambient dei primi due album e le varie ricerche sul suono maturate nel tempo nelle varie esperienze.
CaL: Quali sono i tuoi programmi futuri?
CY: Prima di tutto sarò impegnato nella promozione per l’uscita del disco, che vedrà la luce il 28 maggio, con la speranza che venga accolto da più persone possibili.
Sto buttando giù le idee per attribuire brevi video clip ad ogni brano del disco, oltre a quelli già esistenti, che verrano pubblicati prima online e non mi dispiacerebbe anche portarli dal vivo sotto forma di performance multimediale di presentazione dell’album, in mirati e adatti contesti.
In un secondo momento mi piacerebbe anche poter ritornare alla mia attività di Field recordist e riprendere così le ricerche e lavori, fermi dal primo lockdowns, sul paesaggio sonoro.
E poi chissà, colmando nuovamente il mio “archivio-memoria sonora” iniziare a pensare di produrre un nuovo album per il prossimo anno.
Chiudo questa intervista ringraziando e dicendo a Chris che la sua curiosità, la sua continua sperimentazione sonora, la sua ricerca poetica fanno di lui un artista eclettico e raffinato.
Contatti : https://chrisyanweb.wixsite.com/chrisyanweb
Articolo (2021) per Culturalfemminile