OGNI VOLTA PRIMAVERA
di Giovanna Ferro
La sveglia suona alle sette in punto.
“Adesso, adesso” mormora Marcella che fatica ad aprire gli occhi.
La sua faccia riflessa allo specchio sembra portare i segni di una lunga notte di bagordi.
“Un caffè, mi ci vuole un caffè”.
La finestra della cucina, nella casa di Trastevere, si apre sul bellissimo e affollato lungotevere.
Sul davanzale le piantine di basilico e rosmarino, oggi emanano un profumo più intenso, fondendosi alla tiepida aria primaverile che investe Roma.
Mette su la moka e dà l’acqua alle piante.
Il borbottìo della caffettiera la fa trasalire, mette giù l’innaffiatoio e si gode la sua tazzina di caffè.
“Oh cavolo!” esclama guardando l’orologio “Devo sbrigarmi”
Marcella ha una piccola libreria, che si trova in uno dei vicoli che si aprono sulla piazza di S. Maria in Trastevere.
Vicoli che respirano storia, vicoli vissuti, descritti dalle parole del grande Trilussa: “Li panni stesi giocano cór vento
tutti felici d’asciugasse ar sole:
zinali, sottoveste, bavarole,
fasce, tovaje… Che sbandieramento![…]”.
E lì nella bottega, della zia Flora, dove una volta le signore del quartiere compravano stoffe e tessuti pregiati, ora c’è lei e i suoi libri.
Dopo la morte della zia, ha ereditato la casa e la bottega, così che dall’Abruzzo, rimasta ormai sola, Marcella si è trasferita a Roma.
Da piccola ci passava mesi interi in città e in quella bottega ore, a divertirsi con scampoli di stoffa a farne vestitini per le bambole.
“Marcella è arrivato il mio libro?” Il professor Astolfi, insegnante di greco in pensione, ogni mercoledì passa dalla sua libreria a comprare o a ordinare un libro.
“Professore, arriva domani. Se non vuole aspettare mercoledì, in serata glielo porto a casa”.
“No, preferisco passeggiare. Voglio godere di questo mite clima primaverile. A domani”.
Quando in libreria non ci sono clienti o inventari da fare, Marcella si immerge nella lettura, la sua passione, motivo per cui ha scelto di trasformare la bottega in libreria.
“ Dovunque mi fossi trovata, sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok, sarei stata sotto la stessa campana di vetro, a respirare la mia aria mefitica“ legge a voce alta, immersa nel libro di Sylvia Plath, La campana di vetro.
“Signorina Marcella!”
Come colta in flagrante, chiude il libro e si alza di scatto dalla sedia.
“Ti ho spaventata?”
“Sei tu!”
“E chi pensavi che fosse?” dice la sua amica Claudia “Volevo ricordarti di stasera, passo da te alle nove e non dirmi di no.”
E’ ora di chiusura.
La casa è il suo rifugio, dove ha portato ogni piccolo oggetto salvato dalla sua vecchia casa, anche il dolore, quello che non si tocca, ma che è sempre lì con lei.
Va sul balcone della camera da letto e si accomoda nella poltroncina, immersa tra piante pensili e rampicanti: si perde nei ricordi, ha in mano la foto dei suoi genitori, una leggera brezza le asciuga una lacrima.
E’ il 6 Aprile, da allora sono trascorse tante primavere e Marcella rinasce ogni volta.
Il rintocco delle campane del cupolone, che si scorge tra platani e qualche albero in fiore, al di là di Ponte Sisto, arriva fin lì.
Sono già le nove: il citofono suona, risuona.
“Si stancherà!” pensa divertita Marcella.
Giugno 2021, Tra Parole e Immagini – Contest