a cura di GIOVANNA FERRO
Quando si parla di Musica Classica si pensa subito alla cosiddetta musica “colta“, musica “seria“, musica “d’arte“; atmosfere infrangibili di sale da concerto, teatri, quasi come fossero musei.
La Musica Classica é uno stile: lo stile è quello della musica “esatta”, cioè musica scritta esattamente per come deve essere eseguita: note, ritmo, strumenti, voci, sarà l’esecutore o il direttore d’orchestra a deciderne la dinamica, ma la partitura resta la stessa. La musica “stabile”, la musica “immutabile” , quella musica in cui i compositori cercavano di raggiungere la perfezione nelle forme delle loro composizioni.
L’evoluzione dell’Orchestra
Fino al Medioevo la musica strumentale ha scarsa importanza, poiché fino ad allora prevale nettamente la musica vocale sacra, tanto che l’uso di strumenti musicali è bandito dalla chiesa, eccezion fatta per l’organo. La musica profana, invece, si serve spesso di piccoli gruppi strumentali per accompagnare i canti e le danze, ma l’idea di “orchestra” non esiste ancora.
Intorno al Seicento gli strumenti cominciano ad acquistare importanza e a volte si staccano dal ruolo di semplici accompagnatori per divenire protagonisti. Il musicista Claudio Monteverdi (1567-1643) è stato il primo a riunire tutti gli strumenti allora esistenti e a formare la prima “orchestra”, nella quale gli archi hanno un ruolo predominante.
Alla corte del Re Sole, Luigi XIV, in Francia, il compositore Giovanbattista Lulli (1632-1687) aumenta l’organico strumentale, inserendo gli strumenti a fiato e i timpani.
In Italia si sviluppa il “concerto grosso”, che prevede l’orchestra divisa in due gruppi: il “concertino”, un piccolo gruppo di solisti, e il “ripieno”, che dialoga con i solisti creando contrasti dinamici.
Nel Settecento si definisce la conformazione dell’Orchestra classica, con un organico strumentale di 25 elmenti, con un maggior equilibrio tra fiati e archi.
A questi 25 elementi il musicista Franz Joseph Haydn (1732-1809) aggiunge clarinetti, trombe, tromboni e timpani , per un totale di 33 elementi.
Anche Mozart(1756-1791) si serve di orchestre simili, mentre Beethoven (1770-1827) apporta dei cambiamenti relativi non tanto alla quantità, bensì alla espressività degli strumenti: dà maggiore importanza ai fiati, ai timpani, usa la grancassa e altri strumenti a percussione, aumenta l’estensione melodica degli strumenti ad arco verso i suoni gravi.
L’Orchestra romantica, quella usata dai compositori dell’Ottocento dopo Beethoven, viene arricchita considerevolmente con nuovi strumenti fino a raggiungere un numero di 80-90 elementi.
Secondo il musicista Hector Berlioz (1803-1869), autore di un importante Trattato di strumentazione, l’orchestra ideale doveva essere composta di ben 467 strumenti, di cui 120 violini.
Ma è con Richard Wagner (1813-1883), il grande compositore tedesco, che l’orchestra romantica assume proporzioni grandiose e diventa un enorme strumento espressivo.
In essa vengono sfruttate tutte le possibili combinazioni timbriche per ottenere sonorità nuove; ogni strumento acquista rilievo e viene sfruttato al massimo delle sue capacità espressive-sonore; le sezioni strumentali si frazionano in gruppi sempre più piccoli, quasi a renderla un insieme di strumenti solisti.
Dopo Wagner il sinfonista Gustav Mahler (1879-1964), uno degli ultimi grandi compositori del tardo romanticismo, si serve di orchestre ancora più numerose, anche 140 elementi, come nella sua VII Sinfonia.
Ma agli inizi del Novecento si fa strada una decisa reazione alle esagerate proporzioni che l’orchestra andava assumendo ed ecco che compositori come Igor Stravinskij (1882-1871), Alban Berg (1885-11835), Arnold Schonberg (1874-1951) e altri, tornano ad usare complessi ridottissimi, talvolta con l’eliminazione di tutti gli archi, per ricercare un’espressione musicale più intima e più “pura”.
Nella ricerca orchestrale contemporanea, anche il “rumore” entra a far parte del discorso musicale: si usano strumenti non tradizionali, le percussioni sono ampliate con i più vari oggetti sonori e vengono utilizzati suoni prodotti con strumenti elettronici.
Ascolto – Guida del giovane all’Orchestra (Variazioni e fuga su un tema di Purcell) op. 34 di Benjamin Britten
Questo brano scritto nel 1946 ci guida a capire la funzione dei singoli strumenti. I suoni sono eseguiti dai diversi strumenti di 100 musicisti; ognuno esegue qualche nota a caso come se parlassero tutti insieme.
Questi suoni sono un po’ come le lettere dell’alfabeto, gli elementi di cui è composto il linguaggio della musica. Ogni strumento è un attore che ha una parte da recitare e un racconto da narrare. L’inizio di tutto è un’idea: chi scrive musica sa trasformare le proprie idee in suoni. Quando poi lega in fila certi suoni ne nasce una bella melodia.
L’Orchestra Sinfonica è di grandi dimensioni e può comprendere gli strumenti di tutte le famiglie:
Archi: violini, viole, violoncelli, contrabassi; arpa.
Legni: fagotti, controfagotto, oboi, clarinetti, corni inglesi, flauti traversi, ottavini.
Ottoni: corni, trombe, tromboni, tuba.
Percussioni: timpani e percussioni varie.
Laddove è previsto dalla partitura: il pianoforte.
Chi tiene insieme tutto questo è il Direttore d’Orchestra.
In senso moderno, come interprete musicale, nasce nell’Ottocento: al direttore è richiesta una conoscenza approfondita sia dell’estensione degli strumenti e della partitura d’orchestra, sia del carattere e dell’atmosfera espressiva dell’opera da eseguire.
E’ lui che “interpreta” la musica seguendo le indicazioni della partitura sul leggìo e far capire agli esecutori il giusto andamento col quale devono eseguire obbedendo a ciascun gesto della sua bacchetta.
Ogni musicista conosce molto bene la propria parte e non può concentrarsi sulla propria e allo stesso tempo su tutte le altre. In sostanza il direttore d’orchestra è l’unico che conosce ciò che suona ogni singolo momento, deve capire lo spirito di colui che ha scritto la musica, immedesimandosi con esso, calarsi nel periodo in cui è vissuto.
Ecco perchè una stessa partitura, eseguita magari dalla stessa orchestra, può avere interpretazioni molto diverse tra loro a seconda del direttore che dirige.
Il Direttore d’orchestra in sintesi è soprattutto un “interprete espressivo” che deve saper cogliere ciò che il compositore ha voluto esprimere.
Ma il lavoro del direttore non è solo quelloche guida gli orchestrali solo al momento dell’esecuzione in pubblico. Il lavoro vero, quello più difficile e faticoso, inizia molti mesi prima, in cui cura nei minimi particolari l’organizzazione orchestrale. Questo lavoro di preparazione, di prova, è chiamato “orchestrazione”.
Egli è il responsabile della magia che si crea in sala, colui che dà il colore, l’elemento che filtra la musica attraverso il suo sentire e la esprime con il suo corpo, coniugando tecnica ferrea ed emozione. Dunque è il Direttore che crea l’armonia, quella sintonia perfetta che esiste tra lui, l’orchestra, il coro ed i solisti.
“Dirigere può farlo anche un asino. Ma fare musica è un’altra cosa” ArturoToscanini
Ascolto : https://www.youtube.com/watch?v=t132rQ6i_zU
“La prima cosa che chiedo ai giovani: conoscere la composizione, poi saper suonare il pianoforte e avere un buon bagaglio culturale sono le tre cose essenziali se non vuoi essere un vigile urbano ma trasmettere una idea musicale” Riccardo Muti
Ascolto : https://www.youtube.com/watch?v=4DRXk289RZk